Al via la Biennale di Architettura di Venezia

Michela Pesenti / 19 Maggio 2023 / Stili e Novità

Sabato 20 maggio si alza ufficialmente il sipario sull’edizione 2023 della Biennale di Architettura di Venezia. La mostra internazionale, dal titolo The Laboratory of the Future, curata da Lesley Lokko, sarà visitabile fino al 26 novembre e vede la partecipazione di 89 partecipanti, di cui oltre la metà provenienti dall’Africa o dalla diaspora africana, tra cui il Niger che debutterà alla kermesse per la prima volta. 

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La manifestazione punta a essere un agente di cambiamento, come ha sottolineato l’architetto Lokko: «Negli ultimi nove mesi, in centinaia di conversazioni, messaggi di testo, videochiamate e riunioni è emersa più volte la domanda se esposizioni di questa portata, sia in termini di emissioni di carbonio sia di costi, possano essere giustificate. Una mostra di architettura è allo stesso tempo un momento e un processo. Prende in prestito struttura e formato dalle mostre d’arte, ma se ne distingue per aspetti critici che spesso passano inosservati. Oltre al desiderio di raccontare una storia, anche le questioni legate alla produzione, alle risorse e alla rappresentazione sono centrali nel modo in cui una mostra di architettura viene al mondo, eppure vengono riconosciute e discusse di rado. È stato chiaro fin dal principio che The Laboratory of the Future avrebbe adottato come suo gesto essenziale il concetto di “cambiamento». E il cambiamento di questa edizione della Biennale si traduce nel puntare per la prima volta i riflettori sull’Africa e «su quella cultura fluida e intrecciata di persone di origine africana che oggi abbraccia il mondo. Che cosa vogliamo dire? In che modo ciò che diremo cambierà qualcosa? E, aspetto forse più importante di tutti, quello che diremo noi come influenzerà e coinvolgerà ciò che dicono gli “altri”, rendendo la Mostra non tanto una storia unica, ma un insieme di racconti in grado di riflettere l’affascinante, splendido caleidoscopio di idee, contesti, aspirazioni e significati che ogni voce esprime in risposta ai problemi del proprio tempo?» prosegue la curatrice.

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Nell’architettura, in particolare, precisa Lokko, la voce dominante è sempre stata una voce unica ed esclusiva, con una portata e un potere tale da ignorare diverse fasce di umanità, ragion per cui, la storia dell’architettura risulta essere incompleta e per questo le mostre come la Biennale risultano importanti per scrivere una nuova pagina di storia. E per far ciò, lo strumento principale è decisivo è l’immaginazione: «È impossibile costruire un mondo migliore se prima non lo si immagina. The Laboratory of the Future inizia nel Padiglione Centrale ai Giardini, dove sono stati riuniti 16 studi che rappresentano un distillato di force majeure (forza maggiore) della produzione architettonica africana e diasporica. Si sposta poi nel complesso dell’Arsenale, con la sezione Dangerous Liaisons (Relazioni Pericolose) – presente anche a Forte Marghera, a Mestre – affiancata a quella dei Progetti Speciali della Curatrice, che per la prima volta è una categoria vasta quanto le altre. In entrambi gli spazi sono presenti opere di giovani “practitioner” africani e diasporici, i Guests from the Future (Ospiti dal Futuro), il cui lavoro si confronta direttamente con i due temi della Mostra, la decolonizzazione e la decarbonizzazione, fornendo un’istantanea delle pratiche e delle modalità future di vedere e di stare al mondo. (…) Abbiamo espressamente scelto di qualificare i partecipanti come “practitioner” – ha chiarito la Curatrice – e non come “architetti”, “urbanisti”, “designer”, “architetti del paesaggio”, “ingegneri” o “accademici”, perché riteniamo che le condizioni dense e complesse dell’Africa e di un mondo in rapida ibridazione richiedano una comprensione diversa e più ampia del termine “architetto».

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