Edit Napoli 2021: il meglio della terza edizione

Michela Pesenti / 5 Novembre 2021 / Stili e Novità

Si è conclusa da poco la terza edizione di Edit Napoli, la fiera dedicata al design sartoriale e d’autore che unisce designer, aziende e artigiani che propongono progetti che privilegiano la qualità rispetto alla quantità, la territorialità rispetto alla globalizzazione e che fanno della filiera trasparente uno dei loro punti di forza.

Sono stati oltre 80 gli espositori che hanno dal 29 al 31 ottobre hanno animato gli spazi del Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore a Napoli rispondendo all’invito delle curatrici Domitilla Dardi ed Emilia Petruccelli. Tra questi, sono stati una trentina i nomi emergenti di designer under 30 e brand con meno di tre anni di attività a cui è stata riservata una sezione a parte della fiera per dare il giusto risalto alla loro attività.«Lo sguardo dell’edizione 2021 è rivolto oltre il confine, con un’attenzione particolare al Mediterraneo. Sono tante le collaborazioni con brand e designer internazionali, come quelle con la Francia, il Libano e l’Olanda oltre ai sempre più numerosi giovani designer nella sezione del Seminario» ha affermato Domitilla Dardi.

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Accanto agli espositori il pubblico ha potuto ammirare anche diversi progetti speciali come il duo francese Canel Averna (recenti vincitori della Design Parade a Villa Noailles, Hyéres) che ha realizzato una spettacolare installazione-insegna a movimento manuale, mentre all’interno del chiostro di San Domenico Maggiore è stato allestito un chiosco disegnato dagli olandesi Kiki&Joost – Kiki van Eijk and Joost van Bleiswijk. Durante la manifestazione è stata poi presentata Hybrida la collezione di centrotavola realizzata per Made in Edit e nata dall’inedita collaborazione tra l’architetto-designer Patricia Urquiola e l’Istituto a Indirizzo raro Caselli – Real Fabbrica di Capodimonte. Infine, il marchio siciliano Orografie è tornato in fiera sia con un nuovo laboratorio dedicato allo storytelling, che ha visto protagonisti giovani copywriter e illustratori, sia con i prodotti realizzati dai designer emergenti vincitori del workshop dello scorso anno, il duo Maria Giovanna Barbi e Fabio Brunone, Linda Salvatori e Livia Stacchini.

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Edit Napoli non ha invaso di design d’autore solo il Complesso di San Domenico Maggiore ma l’intera città che ha aperto alla manifestazione le porte di alcuni luoghi storici attivando nuove sinergie culturali. Così Lidewij Edelkoort, una delle più importanti trend forecaster, ha portato all’interno dell’Archivio di Stato di Napoli, una mostra dedicata alla biblioteca personale dell’artista grafico olandese, Anthon Beeke, non solo una storia del suo importante lavoro attraverso una collezione unica, ma una narrazione di un rapporto personale e professionale di tre decenni.

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Dal dialogo con la Galleria Antonella Villanova, spazio legato alla commistione tra gioielleria contemporanea, arte e architettura, è nata la mostra personale di Daniel Kruger, curata da Marco Bazzini,  dedicata alla collezione di pendenti Amuleti e alle ceramiche del Dinner Service Maria Callas dell’artista orafo sud africano. La Fondazione Made in Cloister ha accolto invece nei suoi spazi House of Today, un’organizzazione con base a Beirut che presenta a livello internazionale e mette in relazione designer di prodotto libanesi con esperti di design, con la designer d’interni e di arredamento Stéphanie Moussallem che ha presentato quattro lampade che mixano corallo, vetro cattedrale, tessuti, seta e intaglio del legno realizzate dagli artigiani napoletani.

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Le collezioni del brand francese La Manufacture e i pezzi disegnati da Emma Boomkamp, Todd Bracher, Noé Duchaufour-Lawrance, le FRONT, Luca Nichetto, Nendo, Neri&Hu, Patrick Norguet, Marc Thorpe, Michael Young hano invece occupato con un’installazione ad hoc le meravigliose sale del Teatro di San Carlo. Infine, il Museo Civico Gaetano Filangeri è stato lo scenario della mostra monografica Chest’è di Federico Pepe a cura di Federica Sala, un’immersione nell’universo iconico dell’artista all’insegna della contaminazione e dell’ibridazione tra quadri, sculture, mobili, tappeti che trovano nell’alfabeto di segni di Pepe le loro radici comuni.

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